Temi tu, copywriter, le AI?
- Alvise Bortolato
- Feb 24
- 3 min read

Di questi tempi, quando dico che di lavoro faccio principalmente il copywriter, la domanda che segue è: “ma non hai paura che l’intelligenza artificiale ti rubi il lavoro?”
Vista la preoccupazione (anche di alcuni colleghi), voglio provare a spiegare il mio punto di vista.
La premessa è che le AI sono sostanzialmente dei calcolatori che ricombinano enormi moli di dati in tempi sovrumani, selezionando gli output su basi probabilistiche. Simulano il modo in cui il cervello umano processa le informazioni utilizzando la logica deduttiva.
Considerando le attuali AI a disposizione dei cittadini (Chat GPT in primis), la grande attrattiva consiste nella rapidità (cioè il tempo che fanno risparmiare) e nella gratuità (anche se non sarebbe stupido chiedersi cosa se ne facciano le aziende con tutte le informazioni che gli forniamo in cambio di risparmiare tempo e fatica per scrivere una mail).
Il punto però, a mio avviso, è che usando la stessa tecnologia che attinge alla stessa mole di dati seguendo la stessa logica di elaborazione degli stessi, si finisca a ottenere gli stessi risultati. In sostanza, un totale appiattimento qualitativo (che sia verso l’alto o verso il basso è irrilevante).
Immaginatevi un mondo in cui ogni logo sia opera dello stesso grafico, ogni campagna pubblicitaria della stessa agenzia, ogni capo d’abbigliamento dello stesso designer, ogni casa dello stesso architetto e così via. Inizialmente potrebbe anche sembrare un successo, se si presume che il grafico o l’architetto siano i migliori sul mercato, ma poi tutto diventerebbe monotono e noioso. Nessuna novità, solo minime variazioni sullo stesso tema.
Ora, lo scopo primario della comunicazione (specie pubblicitaria) come forma di creatività è quello di distinguersi, di creare un’identità riconoscibile perché unica (ovvio, con scopi inevitabilmente commerciali). Delegare questo compito alle AI mi sembra contraddittorio perché per la loro natura intrinseca tendono a produrre risultati simili, erodendo il distinguersi delle identità.
C’è poi un altro fattore: più si delega alle macchine il compito di “pensare” più quel muscolo portentoso che è il cervello umano si atrofizza. In sostanza, più l’uso della tecnologia diventa pervasivo per pigrizia o fretta (come usare l’auto per fare 300 metri così da risparmiare tempo e fatica, ma diventando sempre più flaccidi e deboli), più si depotenzia la capacità degli individui di reagire e di coltivare la qualità, non solo in termini di creazione ma anche di ricezione.
Beninteso, ci sono cose che ha assolutamente senso delegare alle macchine – per me resta abbastanza insensato usare capitale umano per compilare fogli Excel o sbobinare quanto discusso in una riunione– ma altre che le macchine possono solo illuderci di saper fare. Affidarle a loro significa perdere moltissimo di ciò che è unicamente e intrinsecamente umano. Ci si ritrova con scimmiottamenti privi di significato culturale, incapaci di offrire alcuna evoluzione spirituale. Logica camuffata da creatività, ma che rimane una sintesi lineare e puramente logica.
La creatività umana è, invece, un salto quantico – e pure nel progresso scientifico le reali rivoluzioni non sono lineari ma ben più legate a intuizioni che spesso pure gli stessi autori non sanno spiegare razionalmente –, qualcosa di più vicino alla visionarietà dell’artista o del mistico che al creare combinazioni sintetiche a partire dallo stesso pattern di dati.
L’uso della luce di Caravaggio o lo sguardo enigmatico della Gioconda, le architetture della Sagrada Familia o di Angkor Wat, ma anche un payoff come “just do it” o “think different”.
In sostanza, per quello che faccio io, le AI non fanno che fornire un vantaggio competitivo. E se nell’immediato la smania della novità magari qualche lavoro può pure sottrarlo, passata l’ubriacatura la richiesta di chi ha continuato a investire in creatività umana sarà ancora più forte.
p.s. non va assolutamente scordato l’impatto ecologico dello sviluppo e dell’utilizzo delle AI. Il fatto che sia nascosto, non significa che possa essere ignorato.
Per chi volesse approfondire questo tema: https://www.altalex.com/documents/news/2024/10/18/intelligenza-artificiale-impatto-ambientale