top of page

L'Occidente è un vecchio che collassa nella merda che ha prodotto

  • Writer: Alvise Bortolato
    Alvise Bortolato
  • Nov 20, 2023
  • 5 min read


A guardarla bene, ‘sta civiltà occidentale appare come un vecchio conservatore imbolsito, che strepita e sbraita con la schiuma alla bocca per cercare di tenere in piedi un castello di carte che gli è oramai crollato addosso. Uno di quelli un po’ rattusi, capace non solo di brontolare indignazione perché nel 2023 due persone dello stesso sesso si baciano per strada, ma anche di trovare difendibile la propria posizione. Uno spererebbe si tratti di un vecchio ubriacone da bar, di quelli da compatire per l’indifferenza a cui i suoi deliri lo relegano. Invece è il capotribù, un po’ attempato certo, ma ancora pendono tutti dalle sue labbra.

Ciò che sfugge alla pletora dei suoi sostenitori – per ideale, per senso di appartenenza, per vantaggio personale – è che il Vecchio sta collassando male. Anche se sembra solido lì al centro del palco, se provasse a muovere anche un solo passo finirebbe spiaccicato al suolo come un caco maturo.

 

Ma com’è che crolla, dopo oltre cinque secoli di strapotere sul mondo? Cos’è che prima lo sorreggeva e ora non lo sorregge più? La spina dorsale è stata la sua cultura.

Per una serie di ragioni che hanno in cima il fatto che ha scelto come unico orizzonte di senso il denaro, il Vecchio è scivolato in un grande ottundimento in cui gli resta la presunzione immotivata di controllare – quando non possedere – un mondo che ha smesso di comprendere o anche solo di sforzarsi di farlo.

 

Rinunciando alla cultura – intesa appunto come sforzo di comprensione e di conferire un senso – come fosse un accessorio, il Vecchio ha (più o meno) inconsapevolmente abdicato. Il senso che aveva all’interno dello scenario globale è venuto meno: una cultura umanistica abbastanza consolidata da contrastare meglio che altrove le derive di certi aspetti di ciò che, più o meno velatamente, ogni essere umano è. Quando la comprensione della complessità viene rifiutata, la risposta diventa la violenza. Cultura è adattamento: comprendere il mondo e i suoi cambiamenti far sì che, per lo meno, non ci spazzino via.

 

Invece il Vecchio, che pure ha usato la cultura e la conoscenza che ne deriva per ottenere potere e prestigio, ha poi ripiegato su un’ossessione molto più controllabile: la materialità.

Questa propensione ha generato, inevitabilmente, una caterva di storture. Non solo l’incapacità di capire la realtà, ma anche di capire chi si è e che relazioni si intrattengono con ciò che ci circonda. In un graduale impoverimento votato all’efficienza, la realtà si riduce a termini materiali, misurabili quantitativamente. È un collasso cognitivo e sistemico. Alla comprensione si sostituisce il controllo e si passa dallo spirito alla materia, per definirsi. É ciò che abbiamo a dirci chi siamo. Ne deriva un attaccamento morboso perché, senza ciò che possediamo, ci sentiamo mutilati e incompleti. Così anche gli altri diventano possesso, e quando cercano di sfuggire al nostro controllo, preferiamo distruggerli che lasciarli da altri.

 

 

Diventiamo schiavi della performance, drogati di rassicuranti semplificazioni e da soddisfazioni immediate ed effimere, bulimici di stimoli al punto che la rapidità con cui li fagocitiamo neutralizza la nostra capacità di concentrazione, e quindi di reazione. Gli altri esseri umani diventano cose e in quanto tali strumenti di cui servirsi, e le cose diventano sostituti con cui colmare affetti e mancanze che la materialità non può comunque appagare.

Ecco perché ora sta presentando un conto salatissimo, sono i nodi che spezzano il pettine.

 

Allora il Vecchio Occidente rivela le proprie ipocrisie, le proprie menzogne, le proprie perversioni. Si erge a paladino di libertà e diritti quando, se quegli stessi diritti venissero rispettati, finirebbero di colpo i privilegi guadagnati in secoli di invasioni e genocidi, di guerre e colonialismi. Senza sfruttamento di persone e risorse altrui, il Vecchio non sarebbe stato ciò che è, nel bene e nel male. Uno status quo che si dichiara, ipocritamente, di voler cancellare mentre se ne trae un vantaggio a cui rinunciare appare terrificante. Niente benessere del Vecchio Occidente senza guerre e oppressioni, senza carestie e miseria di una buona parte di tutti gli altri nati altrove. Solo un costante girarsi dall’altra parte gli permette di continuare a parlare di diritti, proprio perchè è il costante calpestio lontano dagli occhi (e dal cuore) che lo tiene in piedi. Gli schiavi nel mondo, che siano nelle miniere di diamanti o di coltan, nelle fabbriche di fast fashion o sui campi dell’industria agraria, lavorano soprattutto affinchè il benessere del Vecchio costi poco.

 

Allora al Vecchio, in casa propria, non resta che aggrapparsi a quel che rimane: il rivendicare una presunta superiorità morale denigrando il diverso da sé, l’attaccamento morboso alle briciole spacciate come pasti sostanziosi e irrinunciabili, il consumare anestetici, il rifiutare in toto di ammettere il proprio fallimento come modello (di sfruttamento) di relazione col Mondo.

Eppure, tutto ciò è sempre più evidente. La retorica degli USA come faro della civiltà si sgretola di fronte alla realtà dei fatti: una delle più dannose, violente, diseguali e disgregate società che la storia del mondo abbia mai visto. Un’economia fondata sulla morte e sul dolore, con un’industria bellica che necessita di costanti conflitti e un’industria farmaceutica che crea un’ecatombe di zombie da oppiacei.

E l’Europa? Sembra non esserci abbastanza coraggio per uscire da sotto la gonna della NATO, meglio assecondarla e credere all’illusione che sappia cosa stia facendo e che il suo potere sia ancora qualcosa contro cui non mettersi. Anche a costo di schierarsi vergognosamente al suo fianco quando calpesta diritti umani e agisce al di sopra di qualsiasi legge non solo morale ma anche giuridica.

 

Il Vecchio Occidente si riempie la bocca di ideali mentre in un mese e mezzo partecipa alla carneficina di oltre 13.000 civili (di cui 5000 bambini) di quello che abbiamo contribuito a rendere uno dei popoli più massacrati della storia. Mentre i suoi cittadini finiscono stritolati fisicamente e mentalmente da stili di vita tendenzialmente suicidi e contrari all’essere umano. Mentre la violenza dilaga verso chiunque si trovi in posizioni di debolezza: siano minoranze, donne, giovani. I governi si mostrano totalmente inadatti, quando non grossolanamente in errore. Di fronte a un’autorità (che sia il governo di uno stato o le Nazioni Unite) che non tutela i più deboli, come può un individuo non percepire la violenza come legittimata?

“Se nella società in cui vivo è accettabile che venga massacrato qualcuno purchè sia diverso e più debole rispetto a me, allora la violenza non è sempre sbagliata ma dipende da verso chi è rivolta.”

L’educazione non funziona dando ordini ma dando l’esempio. È un tantino contraddittorio intimare a un bambino che non deve menar le mani a scuola e poi massacrare di botte la madre davanti a lui.

 

Uno cresce tentando di orientarsi in contraddizioni e storture, la confusione è inevitabile. L’altra sera mi è capitato di guardare qualche minuto di X-Factor. Osservando Fedez e ho provato compassione, pena. La stessa persona che sembra costituire il modello di desiderabilità – famiglia Mulino Bianco, successo, denaro, fama etc. – era palesemente distrutta, macinata dal sistema che l’aveva innalzato a idolo. Mi sembrava il vecchio animale ammaestrato di un circo, una stella tramontata, depressa, che si trascina indolente a suon di frustate. Mi sono chiesto, è uno sconfitto? È un problema individuale o la manifestazione di una malattia collettiva, da cui tutti siamo affetti in misura più o meno profonda? Ha senso trattare l’individuo come malato se la sua malattia è la reazione inevitabile a una società malata?

Concentrarsi sui singoli fenomeni, per quanto inaccettabili e dolorosi, significa perdere di vista la complessità del quadro, come la possibilità di re-agire in profondità.

 

E allora forse conviene partire dall’abbandonare l’idea letale che ciò che non genera profitto – avere rispetto degli altri, studiare, viaggiare, essere in salute psico-fisica – non serva a nulla. Che la cultura non serva a nulla. Perché temo sarà proprio questo nulla l’unico potenziale ostacolo al collasso del Vecchio Occidente che continua a compiersi giorno dopo giorno. L’unico modo per riemergere dalla merda in cui affondiamo.

bottom of page