Come quando fuori non piove
- Alvise Bortolato
- Mar 29, 2022
- 4 min read

Ho i brividi a vedere il sole a picco sulla pianura, la terra secca luccicante in un riverbero metallico. Anche oggi. Terra inerte, esaurita, morta. Ho i brividi a pensare che sono tre mesi e passa che non piove, e che la speranza istintiva verso belle giornate primaverili inondate di luce e tepore cozza brutalmente contro l’oggettiva realtà dei fatti: nessuna forma di vita composta d’acqua ha da augurarsi il protrarsi di una siccità. I brividi a tirare lo sciacquone e far svanire 25 litri d’acqua per una pisciata in questa piana siccitosa.
Ho i brividi a pensare che ci sono persone divorate dalla fame di potere, che da palazzi assoluti al resto del mondo spingono le civiltà verso il collasso, danzando macabri su un baratro che costa vite innocenti e distruzioni traumatiche in un delirio che mischia demenza senile e ubris. Ho i brividi a constatare come spesso siano i rappresentanti più calzanti di ciò che siamo.
Ho i brividi a pensare che ogni mio atto in questa società, ogni mio atto di consumo necessario o per strappare un po’ di godimento immediato a una vita priva di ottimismi a lungo termine, contribuisca alla dinamica che ci macina tutti, il grande tritacarne del profitto a tutti i costi. Ho i brividi a scaldarmi consumando gas che acuisce un conflitto che rischia di trascinare l’intero mondo con sé. I brividi a concedermi una doccia calda o il piacere di guidare senza meta solo per schiarirmi i pensieri. I brividi a pensare a quanto inquini la curiosità che mi spinge irrimediabilmente al moto, l’irrequietezza nomadica di andare nel mondo ad ogni occasione.
Ho i brividi quando ho desideri materiali, quando mi aggiungo alla lista di quelli che vogliono prendersi qualcosa dal mondo, voltandosi dall’altra parte quand’è ora di guardare il come, il dove e l’a chi lo si prende. Quando so che il mio smartphone ha lasciato una scia di sfruttamento e sofferenza per giungere fino a me, e così quasi ogni cosa che consumo e ho consumato nella mia vita. Quando la pera che addento è stata coltivata in Perù e impacchettata in Cina prima di finire nella mia fruttiera.
Ho i brividi quando vedo che tutto ci spinge ad una corse individualista in cui l’altro è sempre nemico o al massimo strumento, mai fine o alleato. Quando ci inculcano che “chi si impegna alla fine arriva”, ma nascondono quanti tra coloro che si impegnano non arrivino mai, o il prezzo umano che paga chi ce la fa. Quando ci insegnano che i cadaveri degli altri sono scalini da impilare l’uno sull’altro per arrivare in vetta. I brividi a pensare a quanto sia truffaldina la pubblicità circa il piacere di quella vetta.
Ho i brividi a constatare come gli sforzi della specie cui appartengo vadano in direzione opposta e ostinata a tutti i segnali che provengono dal Pianeta che ci ospita. Lo sforzo mosso dalla brama di avere di più, di consumare di più, di proliferare in un’abbondanza sempre più fittizia e rarefatta. Ignoriamo ogni avvertimento, minimizziamo ogni conseguenza. Scegliamo la via della Grande Cecità per conservare l’illusione che le nostre brame potranno essere soddisfatte ancora e ancora e ancora.
Ho i brividi a pensare che il modo in cui abbiamo compromesso gli habitat in cui viviamo contribuisca ad ucciderci più rapidamente, e io vivo in una pianura dove respirare è come fumare un pacchetto di sigarette al giorno.
Ho i brividi per un’umanità distratta, che si auto-seppellisce sotto una valanga di stimoli, un’esondazione costante e pervasiva che annega ogni possibilità di riflessione, la soffoca nella fretta dell’urgenza, e rende impossibile elaborare risposte e reazioni sensate. Rabbrividisco quando penso che il potere ha intrinseca natura di conoscenza, e che tanti si rifugiano in un perpetuo intrattenimento che rende tutti più inconsapevoli e vulnerabili. Il baratto ancestrale della conoscenza in cambio delle rassicurazioni.
Ho i brividi a pensare che per mia nonna, che è nata nel ’36, una guerra in casa possa essere l’alfa e l’omega della sua esistenza.
Ho i brividi all’idea di mettere al mondo un’altra creatura che un giorno sarà consapevole del marasma in cui l’avremo catapultata. La paura che possa odiarci per questo, quando arriverà il momento.
A volte a immaginare la fine del mondo provo sollievo, immaginare il collasso delle civiltà mi rassicura.
Ho i brividi perché delle volte sento di essere senza futuro, delle altre ne ho la certezza.
–––
Ma i brividi li ho anche per la soverchiante quantità di bellezza che ho visto in 29 anni di vita. Brividi per la spropositata varietà di ciò di cui posso fare esperienza su questo Pianeta, motore immobile di ogni viaggio e di ogni sguardo sulla realtà. Lì fuori è pieno di stupore e meraviglia.
Ho i brividi a pensare a quanto io sia stato fortunato finora, alla libertà e alla lucidità di non rinunciarci in cambio di nulla. I brividi verso l’ignoto a cui la mia curiosità mi spinge e quelli per quel qualcosa di irriducibile che si annida nel profondo di ogni essere umano, la dignità incrollabile, la gentilezza inscalfibile.
Ho i brividi perché è così profondamente bello essere vivi. Basta guardare un tramonto o un fiore appena sbocciato per sentirlo. Certe cose sono irriducibili e a accorgercene diventiamo invincibili.
Ho i brividi a pensare alla vita piena di mia nonna, nelle gioie e nei dolori di cui l’amore è, ed è sempre stato, il filo conduttore. Alla profondità di certi legami, che sembrano inattaccabili anche dalla morte e dall’oblio.
Ho i brividi perché la vita è in assoluta balia del caso, nonostante i nostri sforzi per convivere con l’illusione che non sia così. Eppure, è così bello abbandonarsi alla carezza del sole sulla pelle, rabbrividendo per l’aria fresca di primavera. Non serve molto altro. Le piogge arriveranno, la bella stagione le seguirà.
E allora mi immergo nel brivido di essere in pace con ogni altra cosa, qui ed ora. Il brivido più dolce che conosca.