Breve dialogo su influencer e genocidi
- Alvise Bortolato
- Dec 18, 2023
- 4 min read

“Ma perchè sono tutti arrabbiati per ‘sta storia dei panettoni?”
“Si chiama decadimento percettivo, uno dei sintomi di una civiltà che collassa.”
“Arrabbiarsi?”
“No, quello di per sé va più che bene. Mi riferivo all’idolatria nei confronti di personaggi privi di alcun merito al di fuori di un’indubbia capacità di auto-promozione.”
“Ma sono persone di successo, modelli per gli altri.”
“Sono più che altro ego-trip al motto fake it until you make it, funzionano in un sistema distorto. Auto-promozione ossessiva e ostentata, capace di fare leva su alcuni degli aspetti più miserabili che contraddistinguono la nostra specie in tempi recenti.”
“Ma sono arrabbiati per i panettoni, sembra.”
“Evidentemente non si sono accorti che brand e persona si sovrappongono finchè ne resta solo uno a comandare, l’altro è un misero involucro, un Edgar-abito per l’ennesima piattola. Decadimento cognitivo mascherato da ingenuità, appunto. L’incapacità di individuare i nessi causa-effetto.”
“E quale sarebbe?”
“Forse che se una persona è un brand e dietro ogni brand c’è un’azienda, è naturale, capitalisticamente parlando, che punti al profitto, e ancora più che lo faccia con qualsiasi metodo? O il fatto che viviamo in un mondo in cui la gran parte dei colossi globali si arricchisce sul limite dell’illegalità, spesso usando la propria ricchezza per adattare il confine alle proprie esigenze? Filiere non tracciabili di sfruttamento, creazione disuguaglianze, danni ambientali, elusioni fiscali, e via così. Perché credere che altri brand, solo perchè schermati dietro una persona-immagine, dovrebbero fare diversamente?”
“Ma un essere umano non dovrebbe comportarsi come un’azienda e basta. Dovrebbe avere altri valori.”
“Soltanto se si è vissuto in un bunker anti-atomico fino a ieri. Te la ricordi quell’azienda che nel 2020 dichiarò di mettere a disposizione 10 miliardi di dollari per l’ambiente e tutti a spellarsi le mani. Bravi! Eroi! Salvatori! Ma…”
“I rapporti causa-effetto?”
“Già, i rapporti causa-effetto. Qualche domanda, no? Che inquinamento produce il modello di business di quell’azienda? Quanti giorni ci mette a guadagnare la cifra riparatoria per l’ambiente? Questa operazione per il Pianeta di quanto aumenta, accrescendo brand e vendite, l’impatto che dichiara al contempo di voler contrastare?”
“Come un’azienda che produce mine anti-uomo che dona ai mutilati dalle zone di guerra in cui le usano e con la visibilità guadagnasse nuovi contratti di fornitura per produrre mine ancora più efficaci.”
“Bingo.”
“E qui cosa cambia?”
“Poco, solo l’apparenza. Brand con l’Edgar-abito da social.”
“Tu non credi che esista qualcosa di sincero in ciò che fanno?”
“No. Poi si può anche decidere di crederci, ma bisogna abbracciare la fede, l’idolatria appunto. Appena si usa un po’ il raziocinio il discorso cambia. Perché un brand è sempre una costruzione che si crea per profitto, mai un fenomeno naturale. Nessuna spontaneità. Come sa ogni azienda che spende per essere un brand, lo scopo resta uno: fare crescere i profitti.”
“E le scuse, e le lacrime?”
“Il milione di scuse e la cenere sul capo non sono altro che un tentativo di vendere merda per cioccolato. Un’operazione costruita ad hoc sempre tenendo ben a mente il fine ultimo, motore immobile e unico orizzonte degli eventi di una vita resa brand profittevole, progenie inclusa. Un brand che mente per guadagnare e che poi frigna per fare un po’ di pena quando lo beccano? Una novità assoluta.”
“Si è espresso anche il Presidente del Consiglio sulla questione panettoni.”
“Il che la dice lunga. Il fatto che abbia usato il proprio potere per attaccare la persona-brand fa entrare la faccenda in una sfera ancora più grottesca e preoccupante. Una deriva un tantino autoritaria, non proprio democratica.”
“Perché, non ha ragione? Alla fine la menzogna è stata confermata dai fatti.”
“Anche ammesso che l’abbia, il problema è che la prossima volta potrebbe usare quel potere per zittire qualcosa di diverso dall’ennesimo effimero impasto di fango e sterco. Ad esempio, qualcuno che ha addirittura un pensiero e un’etica, qualcosa tipo un intellettuale. Ammesso che ancora ne pascolino nel Belpaese. Eppure, rimane più attenzione sullo scandaletto, che non dovrebbe sorprendere nemmeno uno scaldabagno. E sai perché?”
“Perché?”
“Perché quello stesso primo ministro ha fatto qualcosa di ben più preoccupante e disumano. Qualcosa che dovrebbe annichilire qualsiasi polemica, pure il rischio anti-democratico di una certa propaganda.”
“Cioè?”
“Rappresenta e guida un governo che si è astenuto su una questione che subito evoca analogie storiche cupe. Diciamo che ogni secolo il nostro Paese sceglie convintamente la parte dei genocidi. Se c’è qualcuno di debole che viene sterminato da qualcuno di potente, noi lasciamo fare. Sia mai che ci rimettiamo qualcosa. La vigliaccheria vince sull’umanità. E stavolta parliamo di un governo eletto, niente marce su Roma. La maggioranza delle persone di questo paese.”
“E la gente si arrabbia per i panettoni?”
“Decadimento cognitivo. E da lì a catena anche quello culturale, etico, etc. E mi spiace dirlo ma siamo complici pure noi.”
“Cosa? Perché?”
“Apparteniamo a una nazione che ha eletto un governo che dichiara chiaro e tondo, col suo silenzioso astenersi, che non c’è problema se i palestinesi vengono massacrati fregandomene di qualsiasi diritto umano o legge internazionale. Basta che i genocidi siano ricchi e potenti.”
“Siamo di nuovo seduti dalla parte sbagliata della storia, vero?”
“Irrimediabilmente. Finchè non toccherà anche a noi lasciare il nostro seggio, quando per qualche potente saremo un debole intralcio.”
“Ho capito qual è la cosa peggiore, allora. La più terribile e sconfortante. Quella che mi fa sentire impotente e incazzato nero.”
“Quale?”
“Che la gente si arrabbia per dei panettoni.”